INTERVISTA ALL’AUTRICE SARA VILLA [prima parte]

 

L’autrice Sara Villa ha deciso di raccontarci qualcosa in più riguardo alla sua attività di scrittrice e di condividere con noi quei piccoli “segreti” che ogni scrittore porta con sé. E allora, parliamone insieme.

Prima di tutto, buongiorno Sara e grazie per aver accettato di rispondere alle nostre domande. Iniziamo quindi dal principio: quando e come è nata la tua passione per la scrittura?
Contrariamente a quanto si possa pensare, ho scoperto la mia passione per la scrittura in tempi relativamente recenti. Mi spiego: ho sempre amato leggere, farmi trasportare in mondi nuovi e sconosciuti, entrare nella vita e nelle avventure di personaggi completamente diversi da me, e mi chiedevo come gli autori riuscissero a immaginare e poi a mettere in parola quelle meravigliose storie. Li ammiravo e avrei voluto possedere anche io quel dono. Ma non ho mai provato a scrivere nulla di mio finché non ne ho sentito l’esigenza, qualche anno fa. All’improvviso, è nato in me il bisogno di raccontare ciò che avevo dentro – ho avuto una vita travagliata e abbastanza movimentata, diciamo…  – così, un giorno mi sono seduta alla scrivania e ho iniziato a scrivere di getto tutto ciò che ricordavo. Ci sono voluti mesi, ovviamente, e la prima stesura era soltanto una bozza del tutto grezza che ho rimaneggiato più volte per raggiungere un risultato soddisfacente. Insomma, è stata una vera sorpresa scoprire di cavarmela abbastanza bene con le parole! In più questo esercizio mi aiutava a rilassarmi oltre che a rimarginare molte ferite ancora aperte…

Quindi possiamo dire che per te la scrittura ha, prima di tutto, una funzione catartica…
Assolutamente sì! O quantomeno all’inizio è stato così… Ripercorrere la mia vita, le vicissitudini, i dispiaceri, i problemi affrontati e superati e condividerli con i miei lettori mi ha aiutata tantissimo a ricucire ferite ancora aperte e a riconciliarmi col passato. E spero che il mio racconto possa aiutare coloro che ora stanno affrontando difficoltà simili. Ma dopo aver terminato questo primo esperimento letterario, come mi piace definirlo, ho deciso di chiudere la mia biografia in un cassetto e di dedicarmi alla scrittura per diletto. Così è nato il primo romanzo “Strani intrecci del destino”. Avevo voglia e bisogno di distrarmi, di cimentarmi nella stesura di qualcosa di leggero ma non banale, di divertente ma non scontato. Il gioco della scrittura mi era piaciuto e ho deciso di continuare a divertirmi e a sperimentare…

Ma come nascono concretamente i tuoi romanzi?
I miei romanzi nascono da un’idea, prima molto generica e fumosa, poi via via più definita. Un’idea che può nascere spontaneamente dalla mia fantasia o da un input ricevuto dall’esterno: una scena a cui ho assistito in strada, una persona vista in metro, una frase sentita per caso. La mia mente elabora, crea connessioni e da lì scaturiscono nuove idee. Di solito le annoto su un taccuino per non dimenticarle. Poi, quando mi sento davvero ispirata, inizia la scrittura vera e propria.

Quindi la tua è una scrittura di getto o strutturata dal principio alla fine?
La mia è una scrittura di getto, esattamente. Non riesco ad avere tutto ben chiaro fin da subito e non mi piace progettare nei minimi dettagli. Preferisco lasciare correre la fantasia e l’ispirazione dall’inizio alla fine e mettermi a scrivere solo quando sento che è davvero il momento giusto. Posso cambiare idea più e più volte in corso d’opera su ciò che succederà dopo, su come si evolveranno la storia e i personaggi: l’importante è che, giunta alla fine, tutto fili nel modo corretto.

Ti è mai capitato il cosiddetto “blocco dello scrittore”? E cos’hai fatto per sbloccarti, per così dire?
Mi è capitato tantissime volte, soprattutto agli inizi. C’erano giorni in cui sentivo la voglia di sedermi a scrivere ma la mente era completamente vuota. Non avevo idee, stimoli di nessun tipo. Mi intestardivo e la frustrazione inevitabilmente peggiorava. Più e più volte ho avuto l’istinto di gettare tutto all’aria e rinunciare. Poi ho finalmente capito che la cosa migliore era distrarmi, non pensarci più, chiudere tutto in un cassetto e dedicarmi ad altro. È in quel momento che la situazione si sblocca: possono volerci ore o giorni, ma l’ispirazione torna sempre, più forte di prima e ci si ritrova con decine di idee nuove da sistemare e sviluppare. Quello è per me il momento più soddisfacente. La mente ha bisogno di immagazzinare, creare collegamenti, rielaborare. Solo dopo viene tutto a galla ed è bellissimo rendersi conto che quei giorni di apparente inerzia sono, in realtà, molto più produttivi e prolifici di tanti altri spesi a scrivere senza la giusta ispirazione.